1 maggio con Bukowski: vivere per lavorare? No, grazie
Oggi, ho deciso di mettere in mezzo uno dei miei autori preferiti, Charles Bukowski. Una scelta apparentemente in contrasto con la giornata dedicata al lavoro, ma che, invece, trovo azzeccata. Ma prima una premessa.
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Andiamo al sodo
La posizione dello scrittore americano sul fronte lavoro è chiara:
«la schiavitù non è mai stata abolita, si è semplicemente estesa a tutti i colori della pelle».
Lavori alienanti, inconcludenti, senza soddisfazione. Il panorama lavorativo dipinto da Bukowski nei suoi romanzi rappresenta la realtà. Almeno una parte. Infatti, andando al di là degli insegnamenti imposti, (“studia economia così trovi subito lavoro” e “cerca un posto fisso”), c’è un mondo competitivo, crudo, ma libero.
Lavorare chiusa in un ufficio per 8 ore non è mai stato nei miei programmi. Scegliere un lavoro meccanico e burocratico mi ucciderebbe. Sono convinta che la vita sia breve e, dal momento che, comunque, la maggior parte del tempo la dobbiamo passare lavorando, mi domando proprio come Bukowski:
«Come cazzo è possibile che ad un uomo piaccia essere svegliato alle 6.30 da una sveglia, scivolare fuori dal letto, vestirsi, mangiare a forza, cagare, pisciare, lavarsi i denti e pettinarsi, poi combattere contro il traffico, per finire in un posto dove essenzialmente fai un sacco di soldi per qualcun altro e ti viene chiesto di essere grato per l'opportunità di farlo?»
Per questo sceglierò sempre la creatività, l’incertezza della partita Iva, il dubbio al posto di una sicurezza che in cambio chiede tutto.
Buona giornata del lavoro. E se il vostro mestiere non vi soddisfa, cambiatelo!
Consigli di lettura:
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