Gourmet Make-up: dietro al marketing sensoriale.

Passeggiando mi sono imbattuta in questa pubblicità. Ad attirarmi la scritta “Gourmet Make-up” (sono un copy quindi, per prima, la parte testuale).

L’immagine parla da sé: una donna con ombretto verde che beve un frullato verde, vestita di verde. Una forma di marketing sensoriale con protagonista la parte visiva e gustativa che richiama ad un mondo fresco, forse naturale e abbastanza goloso dal momento che quello sembra un frullato niente male.

Tuttavia questa immagine mi disturba.


Niente contro questo tipo di marketing, eh! Però pubblicità di questo tipo, a mio parare, vanno sostenute da un prodotto coerente e non da un mero accostamento di colori. Mi spiego meglio: mi sono avvicinata alla vetrina e non c’erano i prodotti che mi aspettavo. Niente make-up con ingredienti che richiamano il verde tipo la menta o il matcha, niente aloe o burro di avocado per citare i primi che mi sono venuti in mente, ma solo packaging in tinta. E dove sta il “Gourmet” promesso dal copy?

Ve lo dico io: non c’è. Questo perché non siamo davanti ad un reale Gourmet Make-up, ma ad un'operazione di marketing cromatico.

Cos’è il vero Gourmet Make-Up?

Il termine Gourmet ci trasporta immediatamente nell’ambito culinario, magari in un ristorante stellato. Da un po’ di tempo questa parola è accostata anche al make-up. Un modo come un altro per far associare al consumatore un determinato prodotto beauty ad un mondo sensorialmente più tangibile e gustoso com’è quello dell’alta cucina.

Al di là del mio gusto personale, trovo che, finché il prodotto contiene davvero elementi ispirati alla cucina, allora ci sta. Estratto di cacao o caffè dalle proprietà antiossidanti, miele per nutrire la pelle, burri vari dalla texture cremosa e avvolgente, profumi che accompagnano questa esperienza per un risultato sensoriale a tutto tondo. Ok, ci siamo, termine “Gourmet” approvato.

Quando invece è solo una mossa di marketing, allora quella pubblicità mi sta dando della scema. Una modella che si mangia un goloso muffin al cioccolato per pubblicizzare un ombretto color cacao (senza che questo contenga quest’ingrediente e senza avere nemmeno la profumazione cioccolatosa), allora non mi torna. Un rossetto color ciliegia, posizionato in mezzo ad un cesto di frutta rossa? Un gelato con panna vicino ad un blush illuminante? Insomma: quando parliamo di pura estetica, allora stai cercando di prendermi solo per la gola (e per il culo).

Gourmet e Gourmand sono la stessa cosa?

Scrivendo questo articolo mi sono fatta questa domanda, due parole simili accostate entrambe al mondo beauty oltre che culinario, ma che hanno significati diversi.

Gourmet lo abbiamo capito: associato alla cucina sofisticata, fa pensare ad ingredienti pregiati.

Gourmand, invece, ci porta in un mondo goloso fatto di dolci, caramelle, bontà avvolgenti e coccolose.

Un esempio perfetto di Gourmet Make-up? Il Brand Aquolina. Quello sì è goloso accidenti! Ma ve lo ricordate?

Erano gli anni 2000. Io avevo 9 anni e amavo alla follia il latte corpo Zucchero a Velo. Scusate: ne parlo al passato perché per me è un ricordo d’infanzia, ma Aquolina è più attiva che mai con gusti oggi di pop corn, cioccolato, fragole, eccetera. Oggi la chiamano Beauty Routine Gourmand dove “gourmand” è la parola giusta.

Screenshot dal sito Aquolina. Quanto amo i marshmallow.

Le mie personalissime conclusioni

Secondo me questa storia del food inserito (anche a forza) nel mondo beauty (e non solo) ha stufato. Mi sento come se l’alta cucina avesse invaso non solo pizzerie e ristoranti facendoli diventare proibiti, ma che si sia intromesso anche in settori che non hanno molto a che fare con il food.

Ma se questa è la tendenza, chi sono io per oppormi? Tuttavia mi oppongo sì alle pubblicità ingannevoli: vuoi apostrofare i tuoi prodotti con la parola “Gourmet Make-up”? Che sia davvero così: infila pure il rossetto dentro ad una gustosa fetta di torta al cioccolato con panna e ciliegina, il massimo del foodporn, ma che il prodotto abbia una reale attinenza con l’immagine e la promessa. Altrimenti è solo un rossetto (magari pure costoso) dentro ad uno schifo di torta.

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